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1.    Pensare in euro

Dal 1° gennaio 2002, in Italia e in altri undici paesi dell’Unione Europea, ha inizio la circolazione della nuova moneta unica europea: l’euro. Saranno disponibili monete e banconote in euro e per due mesi continueranno ad essere scambiate le monete nazionali[1]. Sempre dalla stessa data (1/01/02) l’euro è d’obbligo come moneta di conto, per cui la contabilità deve essere redatta in euro.

Dal 1° marzo 2002 cessa la doppia circolazione delle monete; l’euro diventa l’unica moneta degli undici paesi aderenti all’UEM; le valute nazionali perdono il valore legale, ma possono essere cambiate ancora per due mesi in banca. Inoltre, fino al 1° marzo 2012 sarà possibile effettuare, nelle sedi delle Banche nazionali come la Banca d’Italia, il cambio gratuito delle monete nazionali ormai prive di corso legale e non convertite in euro nei tempi dovuti.

L’euro è nato il 1° gennaio 1999, in séguito agli accordi di Maastricht. Fino ad oggi è stata una moneta virtuale, di cui abbiamo appreso soltanto le oscillazioni rispetto al dollaro. Tra meno di un mese – invece – sarà la nostra moneta quotidiana, in carta e in metallo: i singoli cittadini (giovani, adulti, anziani), le aziende manifatturiere, le istituzioni, le banche, le imprese commerciali, i negozi, gli artigiani, i professionisti si confronteranno praticamente con la nuova moneta. Possiamo prevedere disagi e problemi. Sono probabili aumenti ingiustificati dei prezzi e arrotondamenti a danno del consumatore; le attività commerciali potranno incontrare difficoltà, riduzioni e rischi di blocco; non è da escludere che si verifichi da un lato scarsità di moneta circolante, dall’altro accaparramento illegittimo di forti quantità di euro, sia per fini collezionistici che per paura di restare senza moneta.

Per evitare disagi e problemi, o almeno per ridurne gli effetti nella nostra vita quotidiana, ci dobbiamo preparare psicologicamente e praticamente.

Dobbiamo innanzitutto imparare ad acquistare e a vendere con la nuova moneta; dobbiamo prepararci a vivere con l’euro in tasca, chiedendo alla nostra memoria piccole e continue operazioni, soprattutto nell’impatto con i centesimi, che dovranno essere presi sul serio. La difficoltà iniziale più grande consisterà nel valutare a prima vista, leggendo ad esempio un listino di prezzi in euro, il livello dei prezzi, la convenienza o meno, il peso reale per la nostra tasca. E’ stato scritto che ognuno di noi può soffrire di sindromi opposte e contrastanti: possiamo cioè sentirci improvvisamente ricchi vedendo quelle cifre senza i tanti zeri a cui eravamo abituati; oppure possiamo sentirci veramente poveri nel constatare che il nostro stipendio è di mille euro al mese!.

Il nostro obiettivo in questi mesi (dicembre, gennaio, febbraio) sarà – quindi – pensare in euro. Ma dobbiamo procedere gradualmente. Nelle prime settimane comportiamoci come quando andiamo all’estero, convertiamo cioè mentalmente ( o con la calcolatrice) l’euro in lire. Lentamente, ma consapevolmente, nelle settimane successive dobbiamo fare un’operazione fondamentale: abbandonare il vecchio sistema di riferimento e adottare mentalmente il nuovo sistema in euro. Dobbiamo, però, costruirci una mappa mentale di parametri che sostituisca gradualmente la mappa in lire di cui ci siamo serviti finora nella navigazione quotidiana. La domanda a cui dobbiamo imparare a rispondere è:

In beni di consumo cosa posso comprare con 1, 10, 100, 1000 euro eccetera?

Sono disponibili semplici tabelle di conversione di lire in euro e di euro in lire. Ma le domande di ogni giorno esigono risposte concrete:

            Quanto costa il giornale quotidiano? (77 cent)

            Quanto costa un caffè al bar? (72 cent)

            Quanto costa un litro di latte? (1,14 cent)

            Quanto costa un litro di benzina super? (1,16 cent)

            Quanto costa un chilo di carne di vitella? (15 euro)

            Quanto costa l’affitto mensile dell’appartamento? (750,00 euro)

            Quanto costa l’acquisto di un appartamento di quattro vani? (200.000,00 euro)

            Mi sono soffermato volutamente sugli aspetti pratici che la rivoluzione monetaria assumerà per noi nei mesi futuri. Ci sono in questa sala esperti di economia, di monete e di scambi che potranno aiutarci a comprendere le difficoltà che ci aspettano e, soprattutto, potranno suggerirci tecniche per superarle e per vivere serenamente la transizione dalla lira all’euro.         

2. L’euro e l’europeismo

L’introduzione dell’euro nella vita quotidiana dell’Unione Europea ci spinge ad interrogarci sul processo di europeizzazione degli italiani e degli altri popoli dell’UEM.

Nel Rapporto che la Gallup ha elaborato per conto dell’Unione Europea (a 227 giorni dall’entrata in circolazione dell’euro) si legge una domanda:

Quando useremo l’euro, ci sentiremo più europei?

Degli italiani il 57% ha risposto positivamente. La media dei paesi interessati è – invece- il 46%. Si deduce che noi italiani siamo euro-ottimisti a grande maggioranza

 Ma è un’illusione quella speranza che noi italiani coltiviamo da 50 anni: la costruzione di un’Europa unita, ispirata ai principi della pace e della emancipazione dei popoli?

Quando, nel dopoguerra di un continente insanguinato e distrutto, che piangeva i milioni di vittime disseminate dalla Russia al Mediterraneo e guardava attonito la vastità delle distruzioni di case, di beni e di opere, i padri fondatori dell’Europa unita, con caparbia e lungimiranza, costituirono la prima Comunità (la CECA), intuirono che il primo passo verso l’unificazione politica era quello economico, perché le basi strutturali comuni favoriscono lo scambio ideale, promuovono il confronto politico, allontanano i rischi di guerra.

Dal 1948 l’idea d’Europa (magistralmente ricostruita da Chabod attraverso lo studio del pensiero europeo dal mondo greco ai nostri giorni)[2] è diventata  popolare. Nonostante scetticismi diffusi e opposizioni convinte di rilevanti forze politiche, il processo di europeizzazione dei popoli che abitano il continente è andato avanti gradualmente. Oggi fanno parte dell’Europa 15 Paesi, ma sono candidati altri 13 Paesi all’ingresso nell’Unione Europea.

Penso non sia superfluo chiederci cosa possa significare oggi essere europei.

Siamo fortunatamente lontani dalle visioni politiche che, agli inizi degli anni 40, il grande storico valdostano (Chabod) si apprestava a denunciare: mi riferisco all’idea della Nuova Europa dominata dalla svastica e dal littorio (Neue Ordnung Europeo). Anche il confronto tra gli europeismi ha perso l’astiosità e le diffidenze del passato: basti pensare alle teorie federaliste e confederaliste, ai gruppi dell’europeismo antifascista italiano, alla tesi funzionalista e ai veti incrociati di alcuni governi di stati membri. Essere europei oggi significa, innanzitutto, affermare e condividere i grandi valori morali e spirituali, civili e politici che hanno vinto nella nostra storia e che hanno ispirato i padri fondatori 50 anni fa, senza dimenticare le contrapposizioni e le lacerazioni che hanno segnato il nostro cammino, i drammi nazionali, le tragedie delle due guerre mondiali, i genocidi, gli imperialismi e i totalitarismi che sono nati e si sono affermati nel nostro continente. Il popolo europeo oggi ha coscienza della differenza storica e culturale dell’Europa rispetto ad altri continenti, ma sa, altresì , che costruire i rapporti tra i popoli, le nazioni, gli stati, le civiltà vuol dire rispettare  le diversità, nello spirito della solidarietà e della pace[3]. Perché l’Europa è anche la patria dell’idea di libertà, dell’idea di democrazia, dell’idea di tolleranza, dell’idea di giustizia sociale e può svolgere un ruolo prezioso nelle relazioni internazionali, nel raffreddamento dei contrasti tra gli stati del mondo, nel rafforzamento della funzione sovranazionale dell’ONU per prevenire le guerre, operare contro le cause che producono scontri fratricidi, svuotare le ragioni sociali a cui fanno appello le organizzazioni terroriste.

            In questa Europa, in cui domina la fiducia nella cooperazione tra i popoli, la circolazione dell’euro potrà costituire un potente mezzo di accelerazione del processo di unificazione sociale, morale, politica, culturale. La moneta unica favorirà gli scambi commerciali, promuoverà il turismo e la mobilità dei cittadini comunitari, faciliterà i rapporti transnazionali, ci farà sentire parte di una comunità ampia, costituita di identità storiche, ma abitata da popoli che hanno scelto di mettere in comune mezzi, opportunità e spazi del continente. Penso che gli stati dei 15 Paesi debbano conservare caratteri, organizzazione e strutture tradizionali. L’Europa potrà continuare  ad essere un organismo sovranazionale (Consiglio, Parlamento, Commissione) a cui gli stati nazionali delegano gli affari comuni, la difesa e le scelte relative al ruolo da svolgere nel mondo. In tale contesto, la circolazione dell’euro contribuirà alla costruzione dell’Europa politica e culturale, favorirà la generalizzazione del comune sentire europeo, sarà un valido strumento per la realizzazione di un tessuto di relazioni dominato dal senso europeo comune.

            La moneta (trascurando per ora il suo significato nella storia dell’arte), fin dalla sua comparsa nella storia degli uomini (IX-VIII sec. a.C.) ha avuto sempre un valore pratico e un significato simbolico. La stessa cosa si può dire per l’euro, il cui valore simbolico va al di là della grande funzione strumentale che assumerà. La moneta unica – come è successo nel mondo romano – veicolerà all’interno e all’esterno dell’UEM l’immagine della Comunità europea, i segni delle identità nazionali e sarà allegoria dell’unità politica che stiamo costruendo.

3.    L’euro e l’integrazione europea

L’unificazione europea non è soltanto una scelta tecnica che mette a disposizione di 300 milioni di europei una valuta unica: l’euro. La circolazione di una sola moneta in 12 paesi dell’Unione avrà effetti sul terreno economico, finanziario e sociale.

Cinquant’anni fa nasceva la prima Comunità europea (la CECA) che ha dato il via alla costruzione del mercato unico europeo. Oggi la scelta di una valuta unica rappresenta il coronamento e il completamento del mercato unico europeo. Dal 1° gennaio prossimo effettueremo pagamenti in euro; saranno nominati contratti in euro; la nuova moneta sarà il mezzo di scambio con altri paesi, il mezzo di acquisto di beni e servizi, lo strumento di compenso del lavoro salariato. Sono stati elencati a più riprese i vantaggi di cui godranno i cittadini degli 12 paesi interessati: i prezzi delle merci acquisteranno i caratteri della trasparenza e potranno essere agevolmente confrontati; gli acquisti all’estero saranno più facili, i viaggi più agevoli, il costo della vita sarà più stabile; saranno eliminati i costi di transazione; saranno superati i motivi di disagio e incertezza collegati alle variazioni dei tassi di cambio.

Non mancheranno problemi grandi e piccoli che segneranno il quotidiano dei cittadini e delle imprese. Ci sarà un’accelerazione della concorrenza. La possibilità per i commercianti di fornirsi in qualsiasi azienda dell’Unione comporterà l’ampliamento del mercato di riferimento e porrà al centro della competizione il costo delle merci. La circolazione di una sola moneta faciliterà il confronto tra i prezzi, tra i salari, tra i costi dei servizi.

L’Europa, nei suoi 50 anni di vita unitaria, è stata governata con apprezzabile pragmatismo. Sono stati evitati i confronti esasperatamente ideologici e sono state favorite scelte concrete, pratiche, visibili. E anche l’unificazione monetaria ha avuto la medesima ispirazione. Non è stata proposta l’unificazione politica come premessa, bensì come coronamento di un lungo processo di condivisione di scelte, attraverso percorsi di avvicinamento che favorissero la realizzazione di una coesione economica e sociale in vista della confluenza verso un sistema politico federale di tipo nuovo, in cui la costituzione di organismi rappresentativi e governativi supernazionali non svilissero il ruolo e l’importanza dei singoli stati membri.

L’ultimo rapporto (maggio 2001) sullo stato dell’integrazione economica e sociale dell’Unione Europea registra ancora forti differenze tra gli stati membri. Il reddito procapite medio dei paesi più ricchi supera del 60% la media UE. Se cerchiamo lo scostamento negli anni rispetto alla media europea, verifichiamo che alcune regioni (Grecia, Portogallo, Spagna) si attestano su livelli di inferiorità estremamente preoccupanti. Se, poi, consideriamo il PIL dei 15 Paesi candidati all’adesione, i risultati sono ancora più critici e ci invitano a riflettere sul futuro dell’Unione.

In effetti, l’Unione Monetaria avviene tra paesi con economie di livelli molto differenziati, in assenza di una unificazione politica e con un mercato del lavoro in fibrillazione.

E non possiamo non chiederci[4]:

Con l’unificazione monetaria le regioni più ricche diventeranno ancora più ricche?

Le regioni più povere diventeranno ancora più povere?

I nostri gentili ospiti ci aiuteranno a capire e ad affrontare i rischi che appaiono all’orizzonte, così come ci daranno indicazioni sul problema della disoccupazione e su quello del welfare state.

In premessa, può essere utile fornire alcuni dati sulla questione sociale europea.

Le tabelle più recenti sulla disoccupazione nell’Unione (150 milioni di lavoratori) registrano dati che vanno dal tasso spagnolo (12,8%) a quello italiano (9,8%) a quello del Lussemburgo (2,4%), con una media dell’8,3% nella zona euro. La forbice del tasso di disoccupazione degli “under 25” va dal 5,3% dell’Olanda al 24,3% della Spagna al 28,3% dell’Italia (dati Eurostat).

Mi domando:

La moneta unica favorirà la battaglia alla disoccupazione o, viceversa, sviluppando competitività tra le imprese, spingerà le aziende a tagliare i posti di lavoro?

L’euro porterà vantaggi ai giovani in attesa di occupazione o danneggerà gli aspiranti occupati, il popolo dei diplomati e dei laureati?

Il premio Nobel Paul Samuelson in “Dalla lira all’euro” (1998), il periodico del Ministero dell’Economia, si è dichiarato ottimista sulla dinamica occupazionale nei paesi dell’Unione. E le sue parole sono senz’altro confortanti. Restano, comunque, le domande che i giovani e i lavoratori rivolgono alle autorità e agli esperti:

Ci saranno cambiamenti nell’iter occupazionale?

Cosa cambierà nella ricerca del lavoro?

I contratti saranno modificati con l’introduzione della moneta unica?

Salari, stipendi, pensioni subiranno modifiche? E come?

Si dice che l’arrivo dell’euro non avrà ripercussioni negative nel mondo del lavoro e neppure nella questione del welfare state: si verificherà una maggiore mobilità dei lavoratori; i programmi comunitari, realizzati con coerenza, saranno di sostegno alle politiche sociali dell’Unione e degli stati membri; i provvedimenti di tutela del reddito e delle condizioni sociali di chi lavora e di chi è in pensione saranno strumenti sufficienti a garantire ed a migliorare lo stato sociale dei cittadini comunitari, unificando i modelli di spesa sociale.

            Ma sarà così?

4.    Conclusioni

Fornisco, per concludere, alcune informazioni che potrebbero tornare utili ai docenti e agli studenti per possibili ricerche e indagini sulla storia dell’integrazione e sulle questioni economiche, finanziarie e sociali accennate.

Rinvio alla Nota bibliografica e ai volumi citati per una prima informazione su studi e saggi pubblicati in Italia e negli altri paesi europei.

Ricordo il sito della Commissione Europea:

europa.eu.int./comm/index.it

Per la documentazione storica, rinvio a due siti fondamentali:

europa.eu.int/eur-lex/it/index.it

europa.eu.int/news.it[5]

E’ da rammentare, inoltre, il prezioso bollettino quotidiano pubblicato dal 1953:

            “Agence Europe”.

Cito, infine, gli Archivi Storici delle Comunità Europee: raccolgono i documenti prodotti negli anni e sono gestiti dall’Istituto Universitario Europeo di Firenze, anche in lingua italiana.

NOTA BIBLIOGRAFICA

 F. CHABOD, Storia dell’idea di Europa, Laterza, Bari, 1964

B. CROCE, Storia d’Europa nel secolo decimonono, Laterza, Bari, 1965 (1^ ed. 1932)

F. MAGNIFICO, Una moneta per l’Europa, Laterza, Bari, 1976

A. SPINELLI, Europeismo, AA.VV., Enciclopedia del Novecento, vol. II, Treccani, Roma, 1977

L. LEVI. L’unificazione europea, SEI, Torino, 1979

S. MASERA, L’unificazione monetaria e lo SME, il Mulino, Bologna, 1980

L. CAFAGNA, Integrazione europea, in AA.VV., Storia d’Europa, vol. 4, La Nuova Italia, Firenze, 1981

P. V. DASTOLI-A. PIERUCCI, Europa senza frontiere, il Mulino, Bologna, 1989

R. DAHRENDORF-F. FURET-B. GEREMEK, La democrazia in Europa, Laterza, Bari, 1992

T. PADOA SCHIOPPA, L’Europa verso l’Unione monetaria, Einaudi, Torino, 1992

V. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, IL Mulino, Bologna, 1994

G. MAMMARELLA, Imparare l’Europa, il Mulino, Bologna, 1994

R. DAHRENDORF, Perché l’Europa? Riflessioni di un europeista scettico, Laterza, Bari, 1997

L. PAOLOZZI, Euro, Il Sole-24 ORE, Milano, 1997

E. LETTA, Euro sì, Laterza, Bari, 1997

P. GRAGLIA, L’Unione Europea, il Mulino, Bologna, 1999

S. PISTONE, L’integrazione europea. Uno schizzo storico, Einaudi, Torino, 1999

M. BUTI-A. SAPIR, La politica economia dell’Unione economia e monetaria europea, il Mulino, Bologna, 1999

B. OLIVI, L’Europa difficile, il Mulino, Bologna, 2000

L. SPAVENTA-V. CHIORAZZO, Astuzia o virtù? Come accadde che l’Italia fu ammessa all’Unione monetaria, Donzelli, Roma, 2000

E. BRUNI-F. PEDRAZZI, Con l’euro in tasca, Sperling&Kupfer, Milano, 2001

L. BINI SMAGHI, L’euro, il Mulino, Bologna, 2001

S. UCCELLO, L’euro e il mondo del lavoro, Il Sole-24 ORE, Milano, 2001



[1] La lira, il franco francese, belga e lussemburghese, il fiorino olandese, la peseta, lo scellino, il marco tedesco e quello finlandese, la sterlina irlandese, l’escudo, la dracma.

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[2] Cfr. F. CHABOD, Storia dell’idea di Europa, Laterza, Bari, 1964

[3]  Cfr. il dibattito sviluppatosi sulla stampa italiana, all’indomani dell’attacco terrorista alle torri gemelle di New York e al Pentagono, e, soprattutto, dopo la pubblicazione dell’articolo di Oriana Fallaci (La rabbia e l’orgoglio) il 29 settembre 2001 sul “Corriere della Sera”.

[4] Cfr. L.BINI SMAGHI, L’euro, il Mulino, Bologna, 2001, p. 84.

[5] Per ulteriori informazioni su siti utili, cfr. il vol. L’euro e il mondo del lavoro, Il Sole – 24 Ore, Milano, 2001 e la serie dei 10 volumi pubblicati sul tema  dal quotidiano milanese.

 

Introduzione
di Matteo Martelli
Sommario:
Pensare in euro
L'euro e l'europeismo
L'euro e l'integrazione europea
Conclusioni
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