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L'Euro: uno strumento importante per assicurare il benessere delle prossime generazioni

Con il primo di gennaio l'Euro è entrato nella quotidianità di ogni italiano suscitando un insieme di emozioni. Curiosità per un cambiamento che coinvolge in maniera significativa il nostro modo di vivere. Una certa tristezza per l'uscita di scena delle vecchie lire che hanno accompagnato molte generazioni di italiani prima di noi, ed fino ad ora la nostra, per quasi centocinquanta anni. Ma anche una certa apprensione perché da un lato stiamo imparando a fare tutti i conti in Euro e, dall'altro, perché i processi di scelta sono diventati necessariamente più complessi dovendo tutti far riferimento ad una moneta che non si è abituati ad utilizzare. 
Emozioni dunque diverse ed in parte contrastanti, che probabilmente non sono troppo diffrenti da quelle che stanno provando altri trecento milioni di cittadini in tutta Europa. Emozioni che si accompagnano tuttavia ad una sensazione più di fondo e cioè che la nostra vita sia destinata a cambiare per effetto della moneta unica. Il problema che potremmo definire "contabile" dell'introduzione dell'Euro quale si sta vivendo in questi giorni è infatti sicuramente il più visibile tra quelli che i cittadini europei devono affrontare ma è anche di gran lunga il meno importante. La maggior parte di questi cittadini non è ovviamente in grado di comprendere, se non parzialmente o in maniera non chiara quali saranno gli effetti della presenza di una moneta unica a livello europeo. E, per la verità, gli elementi di incertezza su quali possano essere gli effetti nel più lungo periodo non mancano anche tra gli studiosi. 
C'è, tuttavia, una coscienza diffusa che quella che si sta realizzando altro non è che l'ultima tappa di un percorso che ha preso corpo con la fine della seconda guerra mondiale e che nasce in un'Europa divisa e distrutta come speranza di superamento delle situazioni che avevano portato alla catastrofe. 
Capire l'Euro vuol dire dunque capire un progetto attraverso il quale, una parte non trascurabile della classe dirigente di molti paesi europei ha tentato, negli ultimi cinquanta anni, di creare le condizioni per un definitivo superamento di quei particolarismi che avevano alimentato secoli di guerre tra i paesi europei e che, nell'esperienza del novecento, avevano avuto la loro espressione paradossale ed estrema nel fascismo e nel nazismo. Un progetto nel quale l'Europa è vista come luogo di incontro, e non di contrapposizione, di storie diverse che si confrontano per garantire al nostro continente un lungo periodo di pace. 
Un punto di arrivo dunque di una storia che parte da lontano. Ma anche un momento di accelerazione nel processo di unificazione che va in qualche modo spiegato. Perché la moneta unica? In primo luogo perché storicamente il processo di costruzione dell'Europa ha fatto perno su interventi di tipo economico, nella convinzione che il crearsi di una rete di interessi comuni, di comuni regole del gioco, potesse essere il modo attraverso il quale formare una coscienza, e quindi istituzioni, europee. L'accelerazione può essere spiegata invece in larga parte con fattori di ordine politico. La caduta del mondo comunista ha posto, tra gli altri, il problema della riunificazione tedesca, cioè il problema di superare le scelte che i paesi vincitori avevano fatte dopo la sconfitta del nazismo e che avevano portato alla divisione della Germania. Il rischio che gli equilibri faticosamente costruiti nel dopoguerra venissero messi in discussione, anche per effetto del collasso dei sistemi economici dei paesi ex comunisti, è stato probabilmente l'elemento decisivo che ha spinto i governanti europei ad anticipare i tempi attraverso l'unificazione monetaria. 
Quello che si vuole sottolineare con quanto si è appena detto, è che occorre essere coscienti del fatto che l'adozione di una moneta unica in Europa è espressione in primo luogo di un progetto politico-ideale. In altre parole, la dimensione economica pur avendo una sua rilevanza, resta subalterna a quella politica. Il significato dell'introduzione dell'Euro non può essere quindi compreso solo attraverso un'analisi dei vantaggi e dei problemi economici che questa scelta comporta. 
E ciò anche se è indubbio che i tempi imposti della politica hanno avuto ed avranno conseguenze economiche di grande rilievo per quel che riguarda l'Euro. Hanno avuto conseguenze significative in primo luogo perché hanno attribuito alla Germania un ruolo decisionale centrale in questo processo. Di fronte ad una spinta all'accelerazione dei processi voluta sostanzialmente dagli altri paesi, la Germania ha imposto le sue condizioni che sono state sostanzialmente: 1. il partire da una unificazione monetaria e quindi dalla centralità della Banca Centrale Europea nel governo della politica economica; 2. l'imposizione, attraverso i ben noti parametri di Maastricht, di politiche di bilancio estremamente austere. Una politica economica particolarmente attenta quindi all'inflazione e meno allo sviluppo ed alla occupazione i cui effetti si sono fatti sentire chiaramente già nella seconda metà degli anni novanta.
Ma i tempi imposti dalla politica avranno conseguenze anche in un arco di tempo più lungo. E pongono un secondo problema di importanza cruciale. L'adozione della moneta unica non solo non è stata una operazione senza costi, come abbiamo appena detto, ma non può essere considerata in alcun modo una storia conclusa una volta per tutte. Rappresenta più semplicemente un primo passo su una strada tutt'altro che facile da percorrere ed il cui punto di arrivo non è affatto scontato. Il fatto che l'Europa si sia dotata di un'unica moneta comporterà un rapido accentuarsi delle tensioni ad almeno tre livelli. Il primo livello, che è anche quello più facilmente comprensibile, è all'interno di ciascun sistema politico-economico. La presenza di un'unica moneta maggiore indebolisce quel poco che resta dei mercati nazionali e costituisce un passo decisivo un mercato europeo pienamente concorrenziale; il secondo insieme di problemi si pone a livello di rapporto tra istituzioni nazionali ed istituzioni europee; il terzo insieme a livello internazionale. 
Il piano economico è quello in cui gli effetti si vedranno più chiaramente, anche se non nel brevissimo periodo. Come si diceva, il fatto che in Europa sarà utilizzata un'unica moneta comporta l'ovvia conseguenza di una accentuazione della concorrenza e quindi una spinta all'efficienza della struttura produttiva del nostro continente ed un conseguente miglioramento del tenore medio di vita dei cittadini. Una trasformazione che non sarà breve e che comporterà, ed in questo consiste l'elemento di problematicità, la crisi delle parti più deboli dell'apparato produttivo, una riallocazione delle risorse tra i paesi ed all'interno di ciascun paese. La gestione di queste situazioni è sempre possibile ma richiede una capacità di intervento in termini di spesa pubblica che potrebbe essere invece limitata dalle politiche di bilancio che sono state adottate a livello europeo e che, come già si era detto in precedenza, sono estremamente rigorose.
Quanto si sta dicendo vale evidentemente per tutti i paesi ma assume particolare rilievo nel caso dell'Italia e, più in generale, dei paesi con le strutture produttive meno avanzate. Strutture deboli sia nel senso di di una specializzazione industriale nei settori meno evoluti tecnologicamente e a domanda meno dinamica, sia nel senso di minore dotazione di capacità imprenditoriali. La straordinaria diffusione delle piccole imprese in Italia segnala da un lato la vivacità imprenditoriale della società italiana, ma, contemporaneamente, anche i limiti delle nostre grandi imprese industriali (ed anche bancarie) storicamente più attente a controllare il mercato interno attraverso un rapporto privilegiato con lo stato che a sviluppare politiche di mercato volte ad acquisire quote crescenti sui mercati internazionali. 
Non c'è dubbio che la moneta unica altera il contesto di riferimento di queste imprese. Può dare loro la spinta nella direzione della ricerca di una maggiore competitività, ma il momento di discontinuità è evidente. Il ricorso a partire dagli anni settanta a continue svalutazioni - che ora non sono più possibili - e il declino lento, ma costante delle loro quote di mercato, ci danno una misura delle difficoltà che hanno incontrato, soprattutto queste imprese, nel loro processo di adattamento ai mercati internazionali. L'introduzione dell'Euro comporta che in poco tempo - quattro - cinque anni - dovrebbero essere fatti quegli aggiustamenti che questa parte del nostro sistema produttivo non è riuscita a fare nel corso degli anni ottanta prima e degli anni novanta poi. E possibile, ed anzi augurabile, che le trasformazioni indotte dall'Euro vadano in questa direzione. Quello che è certo è che le risposte potrebbero essere diverse e che, in ogni caso, i costi di aggiustamento non saranno trascurabili. 
La moneta unica metterà in discussione interessi economici forti, consolidati, che potrebbero reagire in modo negativo tentando in tutti i modi di difendersi. Una componente dell'apparato produttivo potrebbe quindi proporsi come sostenitrice di un ritorno alle monete nazionali, di un'indipendenza monetaria, che permetterebbe loro di sopravvivere utilizzando nuovamente le svalutazioni competitive come strumento di superamento delle loro difficoltà ad operare sui mercati internazionali. 
Ma al di là di questo aspetto è indubbio che nei prossimi anni, in tutti i paesi coinvolti dall'esperienza dell'Euro, si assisterà ad una imponente redistribuzione del potere economico prima ancora che politico. Ed è del tutto ragionevole supporre e che la tentazione di utilizzare l'ipotesi di un ritorno alle monete nazionali come arma per uscire da situazioni difficile possa coinvolgere molti gruppi economici in Europa. Quel che si vuol dire è che l'esistenza dell'Euro non può essere considerata un dato acquisito per il futuro. Con ogni probabilità le spinte ad uscire dalla moneta unica saranno forti in tutti i paesi e, soprattutto, in paesi come l'Italia, in cui la struttura dell'apparato produttivo è debole, il mercato è estremamente fragile, il rapporto tra potere economico e potere politico è storicamente molto forte. 
Dobbiamo aspettarci, superati i primi momenti di entusiasmo, che la permanenza nell'Euro diventi oggetto di dibattito politico. Insomma se l'adozione dell'Euro è stato di per se un grande successo politico, riuscire a restare nella moneta unica europea può essere considerato un obiettivo ancora più ambizioso. Gli interessi di una parte delle grandi imprese può trovare infatti una sponda in una cultura che spinge verso i particolarismi ed obiettivi di breve periodo. Ma soprattutto può trovare un moltiplicatore in un ceto politico anch'esso messo in discussione dal consolidarsi di un potere sovranazionale.
Ma se è vero che la scelta della moneta unica è espressione di uno dei compromessi possibili tra istanze politiche contrastanti tra paesi, e che queste stesse istanze potevano essere affrontate con strumenti diversi, perché, come italiani, dovremmo porci un problema di difesa dell'esperienza dell'Euro e non prendere atto di un suo eventuale fallimento? 
I motivi sono più di uno, anche al di là del fatto che la fine di un tentativo importante come quello della moneta unica potrebbe avere effetti disgreganti e, in particolare, potrebbe spingere la Germania in una direzione preoccupante. Il primo di questi motivi, quello che nel lungo periodo potrebbe avere un maggior effetto sulla società italiana è individuabile nel fatto che l'Euro può rappresentare un occasione cruciale per mettere in discussione alcuni aspetti del modo di funzionare del sistema produttivo italiano che costituiscono altrettanti fattori di freno alla crescita e di malfunzionamento di una moderna democrazia industriale. E' solo all'interno di un sistema economico più ampio che possono essere superati i limiti storici dello sviluppo industriale del nostro paese connessi con lo scarso funzionamento del mercato, ma anche con lo storico intreccio tra interessi privati forti e potere politico.
Ma esistono anche altre due ragioni che spingono a considerare l'esperienza dell'Euro come cruciale per lo sviluppo economico di più lungo periodo, entrambe di natura più strettamente economica. La prima è che con l'adozione dell'Euro smette di essere rilevante quello che è stato il problema nodale dell'economia italiana praticamente dall'unità ad oggi, e cioè il problema della bilancia dei pagamenti. In un paese di industrializzazione tardiva - e per di più povero di materie prime - la bilancia dei pagamenti, cioè il documento che registra le transazioni tra residenti e non residenti, esportazioni ed importazioni in sostanza (solo negli ultimi 15 anni sono diventati altrettanto importanti i movimenti di capitali), tende ad andare facilmente in passivo. In altre parole le importazioni tendono a superare le esportazioni. Poiché questo non può succedere sistematicamente, la politica economica italiana è dovuta intervenire stabilmente per evitare una crescita eccessiva delle importazioni. Tenendo conto che le politiche che hanno l'obiettivo di ridurre le importazioni sono politiche agiscono fondamentalmente sul reddito, riducendolo, la conseguenza della "debolezza" strutturale della nostra capacità di esportazione è stata che, in tutto il dopoguerra, lo sviluppo economico del paese è stato minore di quello che sarebbe potuto essere. 
Perché questo problema ha cessato di essere importante con l'avvento della moneta unica? Semplicemente perché la bilancia dei pagamenti rilevante sarà quella dell'intera area dell'Euro. La bilancia dei pagamenti italiana avrà la stessa importanza (nessuna cioè) che ha oggi la bilancia dei pagamenti della toscana o della puglia o di qualsiasi regione italiana o europea. E questo perché le importazioni potrebbero essere eccessive in Italia ma essere compensate da quanto accade in altri paesi, come la Germania che ha una bilancia dei pagamenti sistematicamente in attivo.
Il secondo vantaggio economico che può derivare all'Italia (in questo caso come a qualsiasi paese europeo) dall'adozione dell'Euro come moneta unica è costituito dal fatto che l'Euro potrebbe fare concorrenza al dollaro come moneta utilizzabile negli scambi internazionali. La questione è di importanza strategica dal punto di vista economico. Per capire gli enormi vantaggi connessi con il ruolo di paese che emette la moneta internazionale possiamo fare riferimento alla storia del nostro paese. Quando giriamo come turisti per Firenze ci accorgiamo che la gran parte dei monumenti è stata edificata in un arco di tempo che va dal quattordicesimo al sedicesimo secolo. Ma chiunque abbia studiato la storia di questa città può facilmente rilevare che il suo sviluppo economico è legato al ruolo assunto dai mercanti fiorentini nei traffici di merci e che tutto questo è avvenuto nel dodicesimo secolo. Come mai dunque la ricchezza si trasforma in opere d'arte con un ritardo di due secoli? La verità è che Firenze diventò veramente ricca solamente quando i mercanti si trasformarono in banchieri e cioè appunto due secoli dopo. Quando cioè si accorsero che i loro attestati di credito utilizzati per i pagamenti (per evitare i rischi connessi con l'uso diretto dell'oro nei pagamenti internazionali) non venivano incassati (cioè trasformati in oro) ma riutilizzati come mezzo per effettuare altri pagamenti. I mercanti fiorentini si accorsero, in altre parole, che la fama della loro ricchezza costituiva una garanzia tale per chiunque era pagato con i loro attestati da non dover più pagare in oro. I mercanti compravano merci ed in cambio davano un pezzo di carta in cui dichiaravano di essere debitori di un certo ammontare di oro. E poiché nessuno veniva a convertire il pezzo di carta in oro, quello stesso oro poteva essere utilizzato per altri pagamenti. Gli attestati di quei mercanti altro non sono che la prima cartamoneta nella storia. Nel quattro-cinquecento era a Firenze che si creava la moneta utilizzata su tutti i mercati; grazie a ciò Firenze è diventata ricchissima e si è trasformata nella bella città che tutti noi conosciamo. 
Un discorso analogo può essere fatto nel caso della moneta internazionale. Chi emette questa moneta, nella sostanza, scambia merci con pezzi di carta che tutti accettano volentieri perché costituiscono il mezzo di pagamento sui mercati internazionali. Il fatto che il dollaro sia stato, e sia ancora, di gran lunga la più importante moneta internazionale ha portato enormi vantaggi agli Stati Uniti. Vantaggi che dovrebbero essere ricordati quando si confrontano le performance dell'economia Usa rispetto a quella europea. Vantaggi che possono essere messi in discussione dalla presenza sul mercato di una valuta altrettanto credibile come moneta internazionale. 
Il fatto che si stia parlando di vantaggi strategici è reso evidente dalla constatazione che l'unico paese che usa l'Euro per i pagamenti del petrolio è l'Iraq. In altre parole, usare sistematicamente l'Euro nei pagamenti internazionali equivale quasi ad una dichiarazione di inimicizia verso il paese leader, gli Usa. E dunque c'è da aspettarsi che le cose evolveranno lentamente. E forse anche che gli Stati Uniti tenteranno di ostacolare l'esperienza dell'Euro. 
Ma non c'è dubbio che in un arco di tempo non breve i vantaggi che potrebbero derivare all'Europa dall'aver adottato una moneta unica potrebbero diventare della massima importanza.

Relazione di:
Roberto Schiattarella
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